Ultimamente sento parlare spesso di «Pokemon Go», che sarebbe un’applicazione per smartphone. Perché ho deciso di scrivere un articolo su tale applicazione? Lo capirete presto.
Perché i giornali parlano molto di «Pokemon Go»? Probabilmente il motivo principale è che tale applicazione ha fatto danni, e ora provo a spiegare meglio cosa voglio dire. L’applicazione «Pokemon Go» provoca dipendenza, come la droga e il gioco d’azzardo; in più, tanta gente la usa mentre guida o mentre svolge altre attività che richiedono massima attenzione. A cosa è dovuto tale fenomeno? «Pokemon Go» si avvale della realtà aumentata, e fin qui non ci sarebbe niente di male, perché grazie alla realtà aumentata possiamo acquisire informazioni che altrimenti non potremmo acquisire con i nostri sensi. Tanto per chiarire, i cruscotti delle automobili sono un caso particolare di realtà aumentata. Qualcuno dirà che l’espressione «realtà aumentata» è stata usata per la prima volta negli anni quaranta del XX secolo; così ho letto in Internet, e probabilmente è vero, come deve essere vero che tale espressione si usa molto in questi anni mentre si usava poco prima.
Cosa non mi piace di «Pokemon Go»? Chi usa tale applicazione, deve andare in giro con il proprio telefono per cercare i pokemon che stanno sulla mappa. Se tale ricerca fosse virtuale, non ci sarebbe alcun problema, mentre io sto parlando di una ricerca «reale», nel senso che bisogna andare di persona nei posti indicati sulla mappa. I pokemon sono virtuali, ma bisogna raggiungerli di persona, usando il telefono come navigatore.
Poiché «Pokemon Go» provoca dipendenza, tanta gente usa tale applicazione quando dovrebbe concentrarsi su altre cose, e in questo modo provoca incidenti; per questo motivo, il Codacons propone di vietare «Pokemon Go», e io condivido pienamente tale proposta; proprio oggi (30 luglio 2016) ne ho parlato nel mio canale Youtube.
In questo articolo parlerò delle vendite porta a porta, ma anche dei preti che fanno visita nelle case per le cosiddette «benedizioni».
Perché parlo di vendite porta a porta? Lo capirete leggendo le parti successive di questo articolo. Come saprete, lavoro per Amway come incaricato vendite a domicilio. Amway non mi impone di vendere porta a porta; a dire il vero, non mi impone niente, a parte il rispetto del regolamento. Se in un mese non faccio vendite, non guadagno niente, ma neanche vengo espulso da Amway. In più, la vendita porta a porta non è l’unica possibilità, anche se è una possibilità degli incaricati vendite.
Chiusa questa premessa, voglio raccontare un episodio recente.
Ho provato a vendere prodotti Amway ad amici e conoscenti, ma raramente riesco a concludere, perché la mia cerchia di amici e conoscenti è composta prevalentemente di studenti. Venderei molto se lavorassi per una società che vende prodotti di cartoleria. Il problema è che non conosco nessuna azienda multilivello che vende prodotti di cartoleria.
Ultimamente ho provato a fare vendite porta a porta, ma è difficile, per motivi che spiegherò fra poco.
Parlando con i portieri di vari condomini, ho saputo che in quei condomini vige un regolamento che vieta agli estranei di girare per il condominio facendo visita in tutti gli appartamenti. Come incaricato vendite, posso prendere appuntamento con uno o più condòmini e fare visita ai condòmini che hanno accettato l’appuntamento, ma non posso fare visita a condòmini con cui non ho appuntamento. Giusto o sbagliato che sia, non capisco perché i preti vengono nel mio condominio per fare le cosiddette «benedizioni». Non conosco il regolamento del mio condominio, né so se i preti fanno visita in altri condomini, ma sento che qualcosa non torna. Io capisco gli incaricati alla lettura dei contatori, che per contratto suonano a tutti gli appartamenti del condominio, ma non capisco i preti. Per caso il regolamento condominiale concede una deroga agli impiegati della Chiesa cattolica?
In parte capisco certi regolamenti condominiali, perché so per esperienza che certi venditori scocciano e altri cercano di truffare i clienti, ma i venditori porta a porta non sono tutti uguali. Le società di vendita sono diverse tra loro, e anche venditori di una stessa società possono essere diversi tra loro.
Se ancora non avete giocato al quarto episodio di «Life is strange», vi consiglio di rinviare la lettura di questo articolo, in modo da evitare che la sorpresa venga rovinata.
Nella linea temporale alternativa, Chloe è rimasta paralizzata per un incidente; non può muovere le gambe né le braccia, allora chiede l’eutanasia; la sua amica Max può scegliere se accettare o rifiutare la richiesta. Io ho accettato la richiesta di Chloe; è stato difficile, ma chiederei la stessa cosa se mi trovassi in quella situazione.
In «Life is strange», Chloe chiede l’eutanasia attiva, cioè, la somministrazione di sostanze letali, una pratica vietata in vari Stati, tra cui l’Italia. L’eutanasia passiva è la sospensione di cure che allungano la vita, spesso ritardando un’inevitabile morte dolorosa e costringendo il paziente a una «vita» tutt’altro che dignitosa.
A questo punto, mi sembra giusto parlare delle leggi sull’eutanasia nei vari Stati.
Eutanasia in Europa
Le leggi italiane sono ambigue. Non è chiaro se è legale l’eutanasia passiva, ma l’eutanasia attiva viene considerata omicidio di persona consenziente, punibile con pene da 6 a 15 anni di reclusione. Il suicidio assistito viene considerato istigazione al suicidio, punibile con pene da 5 a 12 anni di reclusione. Altri Stati d’Europa sono più permissivi in merito, ma non tutti.
In Italia ci sono associazioni che fanno campagna per la legalizzazione dell’eutanasia. In più, esistono associazioni che danno la possibilità di depositare il proprio testamento biologico, ma non è chiaro se tale testamento ha valore legale. È chiaro che il testamento biologico non può autorizzare l’eutanasia attiva, almeno in Italia, ma chi ha i soldi può andare all’estero per smettere di soffrire; questo è uno dei motivi per cui sostengo il reddito minimo garantito.
Pagine esterne su eutanasia e testamento biologico
In questo articolo parlerò dei viaggiatori onesti che vengono multati ingiustamente.
Il trasporto pubblico di Roma mi fa incazzare altamente; un po’ perché funziona in modo approssimativo, un po’ perché gli scioperi sono frequenti, un po’ perché i controllori fanno i fiscali quando dovrebbero essere i primi a sapere quanto fa schifo il trasporto pubblico di Roma. La cosa che mi fa più schifo è che sugli autobus è impossibile comprare i biglietti, allora la logica suggerirebbe che alle fermate dovrebbero esserci distributori automatici, e invece non ci sono; in più, le tabaccherie non sono sempre aperte, così come gli altri negozi che vendono biglietti del trasporto pubblico. In questo modo, tanti viaggiatori onesti sono costretti a viaggiare clandestinamente con il rischio della multa. Perché li definisco onesti? Per il semplice motivo che viaggerebbero con biglietto regolare se ne avessero la possibilità; lo dimostrano i discorsi che sento sugli autobus. Oggi ho trovato i controllori; per me non è un problema, perché ho la tessera annuale valida per tutto il comune di Roma, ma altri stavano senza tessera né biglietto, non per disonestà, ma perché hanno trovato la tabaccheria chiusa; altri passeggeri si erano offerti di vendere biglietti ai clandestini onesti, ma era troppo tardi; i controllori già stavano sull’autobus.
Un’altra cosa che mi fa schifo è che le multe per mancanza di biglietto sono esorbitanti: €104,90
Tra l’altro, le multe sono uguali indipendentemente dalla situazione; provo a spiegarmi meglio: il fatto che le tabaccherie sono chiuse non viene riconosciuto come attenuante.
Ho chiamato il comune di Roma, come ho già fatto per il problema degli accattoni in metropolitana; quando spiego la situazione, l’operatrice mi mette in contatto con l’ATAC, allora io spiego di nuovo la situazione; l’operatrice dell’ATAC mi dice che devo chiamare un altro numero; mi dice il numero, poi chiude. Ho chiamato l’altro numero varie volte, ma ho trovato sempre occupato. Ho provato a fare un reclamo attraverso il sito Internet dell’ATAC, ma ogni volta che premevo «invia», veniva fuori la scritta «servizio non disponibile» o qualcosa di simile.
A cosa serve il comune di Roma? A spillare i soldi ai cittadini; niente di più. Abbiamo servizi da terzo mondo; almeno potrebbero avere la decenza di darceli gratis o quasi. Non posso dare torto a chi usa mezzi privati per spostarsi, e neanche a chi mena i controllori. Mi viene in mente un aforisma di Margherita Hack: «La disobbedienza civile è necessaria quando le leggi sono contro la democrazia e la libertà». I giornali parlano poco del trasporto pubblico di Roma; probabilmente ne parlerebbero di più se i passeggeri iniziassero a menare i controllori.
I valenziani si lamentano del loro trasporto pubblico, e forse hanno ragione, anche se il trasporto pubblico di Valenzia è molto migliore di quello di Roma.
Mentre tornavo a casa, ho fatto un altro tentativo: ho parlato con un venditore di biglietti della stazione Anagnina. Quando spiego la situazione, il bigliettaio dice che non è un’inadempienza dell’ATAC; è un’inadempienza del comune di Roma, che non dovrebbe dare licenze a negozi che non sono sempre aperti. Su questo sono quasi d’accordo; la parola «quasi» è dovuta al fatto che l’ATAC dovrebbe tenere conto degli orari di apertura dei negozi, di conseguenza non dovrebbe mandare controllori quando le tabaccherie sono chiuse, oppure dovrebbe dare la possibilità di comprare biglietti all’interno degli autobus, come si fa nei paesi evoluti. Il bigliettaio mi ha irritato quando ha detto che i controllori hanno fatto semplicemente il loro lavoro; c’era da rispondere che anche i viaggiatori fanno il loro lavoro quando allontanano i controllori usando la violenza.
Voglio aggiungere ancora una cosa. Come la mettiamo con la gente che non ha reddito? Se ci fosse il reddito minimo garantito, potrei capire (non giustificare) tariffe alte per biglietti, tessere e multe, ma con la situazione attuale, tali tariffe mi sembrano un crimine contro l’umanità. Come la mettiamo con chi vive con la propria famiglia? Le multe fatte agli studenti vengono pagate dai familiari degli studenti multati, almeno se non sono studenti-lavoratori. Su questo dovrei fare un discorso lungo, che forse farò in un altro articolo; per ora cito l’articolo sulla violenza domestica, giusto per dare un’idea del discorso lungo che voglio fare.
Cosa succede se una multa non viene pagata nel tempo previsto? C’è il rischio di perdere la casa? Il diritto alla casa è sacro; violarlo è un crimine contro l’umanità. In più, mi piacerebbe sapere cosa fa il comune di Roma con tutte quelle case vuote. Godo per gli stranieri che viaggiano a Roma senza pagare biglietti né multe; una volta tornati al loro paese, voglio proprio vedere come fa l’ATAC a pretendere il pagamento. Godo anche per gli italiani che una volta multati cambiano residenza e vanno a vivere all’estero. Mi dispiace per chi deve restare in Italia.
Siete a conoscenza della nuova legge sui cookies all’interno dei siti Internet? Io ieri ho saputo di questa porcata. Perché dico che è una porcata? Per i seguenti motivi:
1—Per quello che so, i cookies esistono da quando esiste Internet. Perché fanno la legge solo ora?
2—Le multe per inadempienza sono esorbitanti; vanno da €6000 (seimila) a €120000 (centoventimila).
3—Non c’è stata informazione sufficiente in merito. Abitualmente non seguo telegiornali se non sono costretto da qualcuno, ma leggo alcuni giornali e leggo anche le notizie in Internet. Forse dovevo consultare Punto Informatico, ma una notizia così importante dovrebbe stare in tutti i giornali e in tutti i siti Internet di informazione, non solo quelli che parlano di informatica.
Come dicevo prima, io ho saputo di questa porcata ieri, ma l’obbligo è in vigore dal 2 giugno, e la legge era stata approvata un po’ di tempo prima. Se ho capito bene, questa porcata è partita dal parlamento europeo, poi è stata approvata dai parlamenti nazionali.
Io ho regolarizzato alcune pagine del mio sito, ma non tutte. In teoria sarei passibile di multe salate; proprio io che non ho una fonte di reddito stabile. Potrei capire (non giustificare) una porcata di questo tipo se ci fosse il reddito minimo garantito, altrimenti come si può fare una multa di €6000 per mancata informazione sui cookies? Chi ha tutti quei soldi? Non io. Forse questa legge serve ai governi per impossessarsi dei beni dei cittadini, o forse per convincere gli autori di siti Internet a chiudere i propri siti; se è vera la seconda ipotesi, di fatto questa legge limita la libertà di espressione; in entrambi i casi, limita pesantemente la libertà dei cittadini.
Con beneficenza si intende un aiuto economico a persone o comunità bisognose. (fonte: Wikipedia)
Come avrete capito, in questo articolo parlerò della beneficenza, delle relative organizzazioni e di eventuali truffe praticate da alcune di tali organizzazioni.
Volete aiutare qualcuno? Perché non partite da persone di vostra conoscenza? Non parlo della gente che chiede soldi per strada; sicuramente molti di loro sono persone bisognose, ma ci sono anche persone che ci marciano, sapendo che qualcuno abbocca. Mi viene in mente un libro di Muhammad Yunus: «Il banchiere dei poveri»; tra le varie cose, quel libro spiega i lati negativi dell’elemosina; per esempio, chi riceve l’elemosina sarà portato a dipendere dagli altri piuttosto che a cercare altre fonti di reddito. Sono d’accordo con chi dice che chiedere l’elemosina è sempre meglio che truffare o rubare, ma penso che sia molto meglio svolgere un’attività utile per la gente. Secondo me, il reddito minimo garantito risolverebbe almeno in parte il problema dell’accattonaggio, mentre una scuola migliore porterebbe la gente ad apprendere il necessario per svolgere lavori utili. Ovviemente la scuola non deve servire solo per il lavoro, ma anche per cultura personale; non mi ricordo se ne ho parlato in altri articoli; se non l’ho fatto, scriverò un altro articolo in merito.
Se volete fare beneficenza, vi consiglio le seguenti possibilità:
1—Avete visto gli altri siti amministrati da me? In uno di tali siti, è presente un rettangolo per fare una donazione attraverso Paypal. Non ho urgente bisogno di soldi, ma qualche lira in più fa sempre comodo. In più, mantenere siti Internet ha un costo.
2—Vi ho parlato della situazione cubana? Una mia amica abita a L’Avana; se noi la aiutiamo con donazioni, potrebbe uscire da Cuba. Se volete, in privato posso dirvi il nome della mia amica, così la troverete facilmente. Se invece conoscete qualcun altro che ha bisogno di aiuto, va bene così.
Tornando al discorso delle truffe sulla beneficenza, collego alcuni articoli che ho trovato poco fa:
Oggi (8 dicembre 2014) in Internet si parla molto del cantante Mango, che è morto ieri per un infarto; probabilmente ne parlano anche giornali e televisioni; mi sembra giusto, ma voglio ricordare Valentina Giovagnini, una cantante che è morta il 2 gennaio 2009 per un incidente stradale.
Perché si è parlato poco di Valentina Giovagnini? Io ho saputo dell’incidente grazie a Internet; senza Internet non avrei saputo niente; in più, da anni non ne sento parlare. So poco sui dettagli dell’incidente, e posso capirlo, ma avrei gradito più spazio su giornali e televisioni per quanto riguarda Valentina. Mi risulta che Valentina Giovagnini era conosciuta in tutta la provincia di Arezzo; secondo me non è poco. Quanti hanno il privilegio di essere conosciuti in un’intera provincia? Ogni anno a Pozzo della Chiana si svolge il Premio Valentina Giovagnini, un evento canoro organizzato in memoria della cantante.
Io ho conosciuto Valentina Giovagnini grazie al Festival di Sanremo, un evento che non mi piace, anche se mi piacciono certi cantanti che si esibiscono là. Valentina cantava «Il passo silenzioso della neve».
Mi sarebbe piaciuto conoscere Valentina di persona, ma non ho avuto questo privilegio. Volevo scrivere a Valentina, ma ora è tardi, anche se faccio sempre in tempo a comprare il suo primo disco; per ora ho il secondo, che è uscito dopo l’incidente.
Benedetta Giovagnini (sorella di Valentina) ha cantato la canzone «Gennaio» in onore di Valentina.
Forse dovrei scrivere a Benedetta e comprare qualche suo disco. Mi piace ascoltare cantanti che pochi conoscono; è un discorso lungo che farò in un articolo separato.
Voglio collegare una canzone che mi piace molto: «Senza origine», che ovviamente è di Valentina Giovagnini.
Ottobre è il mese del benessere psicologico; io l’ho saputo leggendo annunci nella mia facoltà, poi ho cercato ulteriori informazioni in Internet.
Per tutto il mese di ottobre, la SIPAP (Società Italiana Psicologi Area Professionale) organizza consulenze e seminari, a cui è possibile partecipare gratuitamente previa prenotazione.
Gli psicologi che aderiscono all’evento fanno sedute gratuite, con grande vantaggio per chi usufruisce del servizio, ma anche per sé stessi, perché in questo modo si fanno conoscere. Quale pubblicità è meglio del passaparola?
Attraverso il sito della SIPAP è possibile prenotare una consulenza o un seminario, scegliendo tra i vari eventi che vengono organizzati in Italia. Nel caso dei seminari, bisogna scegliere tra gli eventi disponibili, facendo attenzione al luogo e alla data indicati. Nel caso delle consulenze, bisogna scegliere uno degli studi disponibili, poi lo psicologo contatterà il richiedente per definire il giorno e l’ora dell’appuntamento.
Ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa, ma se mi viene in mente, aggiornerò questo articolo.
Articoli interni correlati direttamente o indirettamente con il benessere psicologico
Mentre l’esperanto cerca di semplificare le regole il più possibile, l’interlingua cerca di somigliare alle lingue romanze, in modo da essere comprensibile da chi conosce almeno una lingua romanza.
Per ora penso di aver detto le cose più importanti, ma se mi viene in mente altro, aggiornerò l’articolo.
Ho intenzione di scrivere articoli su altre lingue artificiali; non so se farlo prima o dopo aver parlato dei fatti che si stanno verificando ultimamente.
L’esperanto è una lingua artificiale, creata da Ludwik Lejzer Zamenhof; non so se è la prima lingua artificiale; sicuramente è la più usata per le comunicazioni internazionali, almeno secondo alcuni siti Internet.
Oltre all’esperanto, esistono altre lingue artificiali, su cui ho intenzione di scrivere altri articoli nei prossimi giorni.
Qualcuno dirà: «Perché una lingua artificiale? Non vanno bene le lingue che già esistono? Perché aggiungerne un’altra?». Il problema delle lingue etniche è che alcuni partono avvantaggiati a scapito di altri, cosa che non succede con le lingue artificiali.
Un altro problema delle lingue etniche è quale lingua scegliere. L’italiano? Lo spagnolo? L’inglese? Il portoghese? Il giapponese? Il coreano? L’arabo? Qualunque sia la lingua scelta per le comunicazioni internazionali, perché proprio quella e non un’altra?
Sull’inglese ho già scritto un articolo. Se proprio bisogna scegliere una lingua etnica per le comunicazioni internazionali, ritengo giusto scartare l’inglese.
Un vantaggio dell’esperanto è che le regole sono molto semplici, almeno in confronto con altre lingue che conosco. Tra l’altro, in esperanto si evitano certe ambiguità presenti in altre lingue, anche se le ambiguità non vengono eliminate del tutto. Secondo me, è difficile eliminare le ambiguità; forse alcuni glottoteti ci sono riusciti; Ludwik Zamenhof non ce l’ha fatta, ma ha dato l’idea ad altri glottoteti, spingendoli a fare di meglio, un po’ come ha fatto Galileo Galilei per la velocità della luce.
A chi critica le lingue artificiali, voglio ricordare che tutte le lingue sono artificiali; nessuna lingua esiste in natura; semplicemente le lingue artificiali propriamente dette sono state pianificate in modo da piacere a chi le ha create, mentre le lingue etniche si sono evolute e continuano a evolversi.
Ludwik Zamenhof non era contro le lingue etniche a prescindere; semplicemente voleva una lingua internazionale che non avvantaggiasse nessuno rispetto ad altri; in più, voleva che l’esperanto venisse studiato nelle scuole come seconda lingua, non come prima lingua; in questo modo si evitano le varianti regionali.
L’esperanto viene insegnato nelle scuole di vari Stati, ed era una delle lingue ufficiali dell’Isola delle Rose.