Quando sentite parlare di democrazia esportabile, cosa vi viene in mente? La storia ci insegna che la democrazia non è esportabile, almeno non nel modo applicato da George Walker Bush o da altri presidenti degli Stati Uniti d’America.
Poco tempo fa, ho saputo che il concetto di democrazia esportabile è antico, nel senso che anche nell’antica Grecia c’erano governi che cercavano di portare la democrazia facendo la guerra. Stando a ciò che ho letto in Internet, l’antica Atene attaccava altre città-Stato allo scopo di portare la democrazia. L’antica Atene aveva la democrazia diretta, ma non si può pretendere di portare la democrazia con la forza. La democrazia non può essere imposta.
Mi piacerebbe che i capi di governo conoscessero bene la storia; in questo modo eviterebbero di fare gli stessi errori fatti da altri capi di governo.
Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. (George Santayana)
Cosa ci insegna la storia recente? Avete visto cosa è successo in Iraq, Afghanistan, Libia eccetera da quando i soldati statunitensi hanno «portato la democrazia»? Neanche voglio incolpare i soldati; probabilmente hanno scelto quel lavoro perché non hanno trovato niente di meglio. Per come la vedo io, George Walker Bush è responsabile insieme a chi ha appoggiato la sua campagna. I petrolieri avevano bisogno di petrolio straniero da vendere nel territorio statunitense, mentre i fabbricanti di armi avevano bisogno di vendere le armi, e la guerra era un’ottima occasione, mentre la democrazia era un ottimo pretesto.
Mi risulta che la situazione è peggiorata negli Stati che hanno ricevuto la «democrazia» statunitense, ma voglio dire anche un’altra cosa: ammesso che sia giusto portare la democrazia usando le armi, perché il governo statunitense non ha ordinato di attaccare la Corea del Nord? Per caso là non c’è petrolio? Oppure il governo statunitense teme le reazioni dei governi di Cina e Russia? Se è vera la seconda ipotesi, è chiaro che la guerra fredda ancora non è finita, ma di questo parlerò in un altro articolo.
Sapete che il 17 aprile 2016 ci sarà un referendum sulle trivellazioni? (*) Non so quanto ne hanno parlato i giornali e le televisioni, perché leggo pochi giornali e raramente seguo la televisione.
Il 5 aprile 2016 è stato fatto un aggiornamento in questo articolo. Si consiglia la lettura della parte successiva ai collegamenti a pagine esterne.
Cosa chiede il referendum? Devo premettere che il referendum del 17 aprile riguarda solo le trivellazioni in mare fino a 12 miglia marine dalla costa, e solo le trivellazioni già in corso. Nella zona interessata, le nuove trivellazioni sono vietate e continueranno a essere vietate, indipendentemente dal referendum del 17 aprile. In terra, salvo zone protette, le trivellazioni continueranno a essere consentite, così come in mare oltre 12 miglia marine dalla costa. Se vince il sì, le trivellazioni dovranno cessare alla scadenza delle concessioni, e non sarà possibile prorogare le concessioni nella zona interessata. Se vince il no, le concessioni potranno essere prorogate fino all’esaurimento di gas nel giacimento.
Io ho letto vari articoli, di conseguenza conosco le ragioni di entrambi i fronti, e capisco le ragioni di entrambi i fronti, così come capisco gli indecisi.
Una volta ero per il sì, mentre ora sono per il no. Voterò perché mi sembra giusto votare, ma farò la X sul no, per motivi che spiegherò fra poco.
Anche se io sono per le fonti energetiche rinnovabili, so che non si può passare da una fonte energetica a un’altra con uno schiocco di dita. Per costruire una nuova centrale ci vuole tanto tempo. Qualcuno dirà che da anni si sapevano certe cose, di conseguenza si poteva pensare prima a investire sulle fonti rinnovabili; sono d’accordo, ma i governi hanno fatto diversamente.
A causa di decisioni sbagliate di vari governi italiani, l’Italia dipende molto da fonti energetiche non rinnovabili, tra cui il gas. Se vince il sì, l’Italia dovrà importare maggiori quantità di gas, con svantaggi per l’economia italiana. In più, mi risulta che alcune compagnie petrolifere italiane hanno intenzione di trivellare il Mozambico in caso di vittoria del sì; in questo modo, l’Italia prenderebbe gas dal Mozambico mentre il Mozambico sarebbe a rischio ambientale. È facile fare i froci col culo degli altri.
Anche se io tengo molto all’ambiente, voterò no al referendum del 17 aprile.
Anche se ho deciso di votare no, voglio che tutti conoscano le ragioni di entrambi i fronti, pertanto pubblicherò collegamenti a pagine di entrambi i fronti.
Pagine esterne relative al referendum sulle trivellazioni
Ieri ho saputo un po’ di cose interessanti, e mi sento in dovere di parlarne qui.
Ho notato che nessuno ha interesse a informare i cittadini sulle conseguenze del referendum nei tre casi (vittoria del sì, vittoria del no, fallimento del referendum). Ogni schieramento dà informazioni incomplete o fuorvianti per convincere gli altri a votare in un certo modo o in un altro.
All’inizio ero per il sì, poi per il no; ora non lo so. Sicuramente voterò, perché non voglio che il referendum fallisca, qualunque sia la volontà di chi vota. Odio le campagne per l’astensionismo. Io abolirei il quorum per i referendum, ma di questo parlerò in un altro articolo.
Dicono che il petrolio e il gas di produzione italiana sono una piccola parte rispetto al consumo di petrolio e gas in Italia, di conseguenza il traffico di petroliere aumenterebbe di poco nei mari italiani. In più, alla scadenza della concessioni, il petrolio e il gas nel giacimento sarebbero una piccola quantità, che non varrebbe la pena estrarre, almeno così ho letto in alcuni articoli. Se tali articoli dicono la verità, io mi schiero di nuovo con il sì.
È vero che il referendum riguarda solo la parte di mare fino a 12 miglia marine dalla costa, ma la vittoria del sì darebbe un segnale al governo italiano. Ovviamente il governo italiano potrebbe comunque concedere di trivellare il fondo marino oltre 12 miglia dalla costa, ma i cittadini possono tranquillamente raccogliere cinquecentomila (500000) firme per un referendum riguardante tutto il mare italiano, oppure tale referendum può essere chiesto dai consigli regionali, come è successo per il referendum che verrà fatto il 17 aprile.
Dicono che la vittoria del sì non farebbe perdere posti di lavoro; se è vero, mi schiero con il sì, ma gradirei sapere perché la vittoria del sì non farebbe perdere posti di lavoro. Se le piattaforme chiudono, dove va la gente che ci lavora? Troverà un altro lavoro?
Io sono a favore delle fonti rinnovabili, e spero che il governo italiano investa sempre di più su tali fonti, ma cosa facciamo mentre aspettiamo la totale indipendenza da fonti non rinnovabili?
Dicono che certe attività sul fondo del mare portano all’inabissamento di certe zone costiere, di conseguenza tali attività sono state vietate in alcune zone del Mare Adriatico, anche se non in tutte ovviamente. Se è così, mi schiero di nuovo con il sì.
(*)Su una cosa dò ragione al fronte del no: ho usato impropriamente il verbo trivellare. La trivella serve per scavare il buco nel terreno, poi viene messa la tubatura per estrarre il petrolio o il gas, ma la trivella non si usa più, almeno non dove stiamo estraendo.
Ulteriori pagine su trivellazioni ed estrazioni di petrolio e gas
Jil Love, escais artistic de Jordina Salabert, tanben coneguda cinematograficament coma Love Jordina (Tarragona, 4 de març de 1980) es una activista a favor de la patz e una realizadora e actritz catalana.
Ho tante cose da dire su Jil Love; non so da dove iniziare.
Se avete letto l’articolo sul petrolio canario, avrete visto un filmato in cui Jil Love spiega le sue ragioni contro l’estrazione di petrolio alle Isole Canarie. In Internet si trovano tanti filmati di Love Jordina, e anche tante fotografie.
Jil Love ha fatto tante manifestazioni per strada; certe volte manifesta nuda, e si direbbe che le manifestazioni nudiste sono quelle che fanno più notizia; un po’ è anche per questo che ammiro Jordina. Anche se frequento le spiagge nudiste, avrei difficoltà a stare nudo in ambienti non nudisti.
In Internet si trovano interviste a Jordina, prevalentemente in spagnolo, ma non esclusivamente.
Stranamente, il sito ufficiale di Jordina è in inglese.
È interessante l’opinione di Jordina sull’attacco a Charlie Hebdo. Jordina sostiene la libertà di espressione e condanna l’attacco al giornale, ma dice anche che qualcosa non torna nelle notizie che vengono diffuse. La gendarmeria francese poteva arrestare i terroristi, e invece ha sparato contro di loro, impedendo a loro di dare informazioni sulla loro organizzazione. Per caso i terroristi avevano informazioni scomode per il governo francese?
Jordina ha prodotto film, ma io ancora non ho visto nessun film di Jordina.
Cosa avevano in comune Enrico Mattei e Christophe de Margerie? Entrambi sono morti per «incidenti» aerei; entrambi erano scomodi per certa gente, pertanto qualcuno aveva interesse a ucciderli.
Enrico Mattei era amministratore delegato dell’ENI, una compagnia petrolifera italiana; se fosse sopravvissuto, sarebbe andato in Algeria per firmare un accordo sull’estrazione di petrolio; un accordo scomodo per le cosiddette «sette sorelle».
Sono passati 52 dall’«incidente» di Enrico Mattei. Ultimamente c’è stato l’«incidente» di Christophe de Margerie, amministratore delegato della Total, una compagnia petrolifera francese. Se ho capito bene, Christophe de Margerie voleva che il dollaro non fosse l’unica moneta con cui comprare petrolio, e questo dava problemi a qualcuno.
Spero che si faccia chiarezza. Spero che qualcuno trovi i colpevoli di entrambi gli attentati. L’unica certezza è che questi «incidenti» sono stati provocati da qualcuno.
Cercando i miei vecchi articoli, noto di non aver scritto nessun articolo sugli omicidi di Stato, anche se ne ho scritto uno sui misteri d’Italia in generale. Nell’articolo sull’umorismo nero, ho parlato del terrorista Francesco Cossiga, ma ancora non ho scritto niente sul terrorismo di Stato in generale.
Ulteriori pagine su Enrico Mattei e Christophe de Margerie
Avete visto la pubblicità della RAI sull’efficienza energetica? A me sembra una pubblicità ingannevole; potrei quasi accettarla se fosse fatta da una televisione privata, ma è fatta da una televisione di Stato che paghiamo con il pizzo chiamato canone.
Sono d’accordo con quella pubblicità per quanto riguarda le fonti non rinnovabili (carbone, petrolio, gas, fissione nucleare), ma non per quanto riguarda le fonti rinnovabili (Sole e vento). Dicono che costa caro ottenere energia dal Sole e dal vento; io dico che tale spesa si fa una volta e mai più, nel senso che costa caro costruire le centrali, mentre la manutenzione costa meno del combustibile per centrali elettriche di altro tipo.
Parlando di efficienza energetica, mi viene da fare la seguente domanda: perché le prese di corrente sono diverse da uno Stato a un altro? Per caso l’Unione Europea è finanziata dai fabbricanti di adattatori elettrici? Voglio sperare che almeno la tensione e la frequenza siano uguali in tutti gli Stati dell’Unione Europea.
Mi piacerebbe sapere se le associazioni di consumatori hanno un’opinione in merito all’Unione Europea; per ora so che alcuni partiti sono a favore e altri sono contro; alcuni dicono che l’Unione Europea sta bene così, altri dicono che deve essere migliorata, altri ancora dicono che deve essere sciolta.
Per come la vedo io, bisogna prendere la seguente decisione: fare che l’Unione Europea serva a qualcosa oppure scioglierla.
Dicono che la fonte perfetta non esiste; a me risulta che Nikola Tesla aveva fatto qualcosa di perfetto o quasi. Un giorno dovrò cercare informazioni su Nikola Tesla e scriverci un articolo.
Ulteriori pagine sull’efficienza energetica e sull’energia in generale
Dopo aver scritto un articolo sul petrolio canario, ne scrivo uno sul petrolio siciliano.
Mappa dell’estrazione di petrolio siciliano
Oggi ho saputo che la Regione Sicilia, presieduta da Rosario Crocetta, ha autorizzato la costruzione di una piattaforma petrolifera nelle acque territoriali siciliane; come saprete, questa decisione mi schifa altamente.
Sorvolando sul fatto che il consumo di petrolio e derivati è una fonte di inquinamento non trascurabile, vogliamo parlare dell’estrazione del petrolio? Mi ricordo di aver già scritto un articolo in merito, ma quella volta ho parlato delle Isole Canarie; questa volta parlo della Sicilia, che si trova nel Mare Mediterraneo, come molti di voi sapranno. Se si verifica una fuoriuscita di petrolio, il Mare Mediterraneo resterà inquinato per tanto tempo, molto più di quanto impiegherebbero le acque territoriali canarie a pulirsi, in quanto il Mare Mediterraneo è un mare chiuso. Con questo non voglio giustificare l’estrazione di petrolio da nessuna parte, né in mari chiusi, né in oceani. Potrei capire l’estrazione di petrolio se non esistessero le fonti rinnovabili, ma è risaputo che le fonti rinnovabili sono le più sicure e le più economiche. Perché pagare di più per una fonte di energia inquinante? Chi ci guadagna?
Tra l’altro, mi risulta che la Sicilia è zona sismica, pertanto il rischio di rottura dei tubi è molto alto. Mi sembra quasi di scrivere un doppione dell’articolo sul petrolio canario; anche là ho esposto il rischio sismico.
Per ora penso di aver detto le cose più importanti.
Altre pagine sull’estrazione di petrolio siciliano
Avete saputo dell’estrazione del petrolio canario da parte della Repsol? Probabilmente no. In Italia pochi conoscono questa storia. Probabilmente neanche conoscete la Repsol, una compagnia petrolifera spagnola.
Io ho saputo questa notizia per caso, grazie a un filmato di Rudy & Ruymán.
Dopo aver visto quel filmato, preso dalla curiosità, ho cercato altri filmati in merito.
Ho trovato anche filmati sulle manifestazioni, ma non mi va di collegarli da qui. Potete trovare tutti i filmati che volete su Youtube e anche in altri siti. Per ora posso dire che Alternativa Nazionalista Canaria è contro l’estrazione del petrolio canario. Tra l’altro, ho trovato varie petizioni contro l’estrazione del petrolio alle Isole Canarie, e questo mi fa molto piacere. C’è da dire che le Isole Canarie guadagnano molto grazie al turismo. Le piattaforme petrolifere contribuiscono a inquinare il mare, e questo allontanerebbe i turisti. Come saprete, le piattaforme estraggono il petrolio grazie alla perforazione del fondo marino; se i tubi si rompono, il petrolio esce e inquina il mare; in più, l’Arcipelago Canario è zona sismica, pertanto è molto probabile la rottura dei tubi. I canari non vogliono le piattaforme petrolifere. Se le Isole Canarie fossero indipendenti, non ci sarebbe nessuna piattaforma petrolifera, in quanto un Arcipelago Canario indipendente investirebbe sulle fonti rinnovabili. Le Isole Canarie sono una colonia spagnola. Il governo spagnolo, senza chiedere l’opinione dei canari né degli spagnoli continentali, ha fatto costruire una piattaforma vicino Fuerteventura. Io sto a Roma, altrimenti avrei partecipato alle manifestazioni con molto piacere. Ho già partecipato a una manifestazione a Tenerife, ma tale manifestazione non riguardava il petrolio canario.
Per ora penso di aver detto le cose più importanti, quindi concludo con la lista delle pagine correlate.(*)
Per chi vuole sapere di più sull’estrazione del petrolio canario