AVVERTENZE

 

Il racconto «Rissa a Barcellona» è un'opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti reali è puramente casuale.

Questo racconto contiene violenza.

 

 

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Rissa a Barcellona

 

 

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Rapisardo e Ayako si trovano a Barcellona; si trovano abbastanza bene, anche se hanno sentito parlare della criminalità barcellonese, soprattutto dei borseggiatori. Rapisardo e Ayako sanno come evitare il borseggio, e sanno anche combattere quando serve, ma sperano di non averne bisogno.

Rapisardo e Ayako visitano vari musei, e certe volte vanno in giro con biciclette comunali, anche se il noleggio biciclette a Barcellona è più difficile che a Valenzia.

Rapisardo e Ayako provano soddisfazione per tutte le visite che hanno fatto a Barcellona, soprattutto nei musei, ma non solo.

 

Arriva l'ultimo giorno, almeno secondo il programma di Rapisardo e Ayako, ma si verifica un imprevisto. Rapisardo e Ayako prendono l'autobus per la stazione ferroviaria, ma capiscono male dove si trova la fermata, allora scendono a una fermata diversa da quella prevista; seguono ciò che hanno capito dell'indicazione, e raggiungono una strada isolata. A un certo punto, arriva un'automobile, guidata da un uomo di 50 anni che sembra tutt'altro che raccomandabile; si chiama Jesús, anche se Rapisardo e Ayako ancora non lo sanno. Rapisardo e Ayako sentono odore di pericolo, allora provano a scappare, ma arriva il resto della squadra di Jesús.

Rapisardo e Ayako, con calma e sangue freddo, cercano di spiegare agli altri che è meglio evitare la rissa, in quanto una rissa può provocare problemi di salute e problemi con la legge.

Gli scagnozzi di Jesús non vogliono discutere; vogliono menare, ma uno di loro dice: «Forse possiamo essere buoni. Se la tua compagna accetta di scopare con noi, dopo ti lasciamo andare», poi tocca Ayako in zone intime, allora Ayako reagisce con violenza, e la squadra di Jesús usa la violenza a propria volta. Nessuno usa armi da fuoco, ma alcuni scagnozzi usano bastoni, coltelli e bottiglie rotte. Rapisardo e Ayako hanno paura, ma nascondono bene la loro emozione, facendo una faccia da poker. Rapisardo e Ayako cercano di combattere contro un avversario per volta repingendo tutti gli altri; si fanno scudo con alcuni avversari, e ad alcuni rompono un braccio, una gamba o il collo. Un avversario si mette dietro Rapisardo e avvicina la lama del coltello al collo di Rapisardo, ma lui si difende tirando le mani dell'avversario a sé, in modo da aumentare l'attrito e impedire che l'avversario possa usare il coltello. Rapisardo si libera dalla minaccia e usa il coltello contro lo stesso avversario, toccando solo le braccia, senza toccare il coltello.

Restano pochi nemici; quei pochi scappano, ma Rapisardo, preso dall'ira, li insegue e dice: «Prima sembravate tanto coraggiosi e ora fate i conigli? Dove cazzo credete di andare?». Ayako voleva lasciare andare i criminali, ma li insegue a sua volta; lo fa per Rapisardo.

Rapisardo acchiappa uno dei criminali e lo mena, aiutato da Ayako. Il criminale a terra implora pietà, ma Rapisardo infierisce rompendo le sue costole.

A questo punto, arriva un'automobile della polizia, che passava là per caso. I poliziotti chiedono cos'è successo; Rapisardo lo spiega, e alla fine dice: «Perché non ci siete quando c'è bisogno di voi?». I poliziotti, mantenendo la calma, dicono che nessuno ha il dono dell'ubiquità, poi dicono di essere dispiaciuti per essere arrivati troppo tardi. I poliziotti sono addestrati a mantenere la calma nonostante le provocazioni. Tra l'altro, Rapisardo neanche ha insultato nessuno. I poliziotti redigono il verbale, incriminando tutti, anche Rapisardo e Ayako, che a loro volta chiamano un avvocato.

Rapisardo e Ayako spiegano la situazione all'avvocato, che a sua volta prepara l'arringa per il processo.

L'assistenza legale costa un po' di soldi, ma non è un problema per Rapisardo e Ayako. In mancanza di soldi, è possibile farsi assistere da un avvocato d'ufficio, ma Rapisardo e Ayako hanno sentito dire che gli avvocati d'ufficio lavorano male, nel senso che gli innocenti finiscono in galera e i colpevoli vengono fucilati; forse è un'esagerazione, ma dovrebbe rendere l'idea di come lavorano tanti avvocati d'ufficio.

Al processo, il pubblico ministero chiede pene pesanti per Jesús e per i suoi scagnozzi, per lesioni e tentato omicidio, ma chiede pene pesanti anche per Rapisardo e Ayako, anche se riconosce l'attenuante della provocazione.

L'avvocato di Rapisardo e Ayako conosce la situazione, allora fa un'ottima arringa. Rapisardo ha raccontato bene la rissa, poi ha parlato della sua infanzia turbolenta.

 

Il processo dura alcuni giorni, durante i quali vengono lanciate petizioni in Internet, per chiedere l'assoluzione di Rapisardo e Ayako.

In Spagna, così come in Italia, certi giudici fanno i buonisti con gli autori di aggressioni non provocate, dicendo che la necessità porta a fare azioni che normalmente non si farebbero. Il problema è che gli stessi giudici buonisti emettono pene pesanti contro chi si difende dalle aggressioni, e certi criminali ci marciano. C'è chi rapina tabaccherie, gioiellerie e distributori di carburante contando sul fatto che i loro gestori hanno le mani legate, almeno legalmente; è chiaro che se uno vuole difendersi si difende, anche se illegalmente.

Meglio un brutto processo che un bel funerale.

Alla fine, i giudici assolvono Rapisardo e Ayako, anche se con la peggiore formula di assoluzione; condannano Jesús e i suoi scagnozzi, anche se la pena è minore del previsto, poi dispongono i risarcimenti. La squadra di Jesús deve risarcire Rapisardo e Ayako, ma in teoria anche Rapisardo e Ayako devono risarcire Jesús e i suoi scagnozzi. Perché in teoria? Il danno fatto contro Rapisardo e Ayako è più grave del danno fatto da questi ultimi contro Jesús e i suoi scagnozzi, pertanto la compensazione porta ad azzerare il debito che Rapisardo e Ayako hanno con i criminali.

Uno dei giorni successivi, arriva un bonifico sul conto di Rapisardo e Ayako; alla voce «causale» c'è scritto «risarcimento danni» con la data della sentenza.

Rapisardo e Ayako prendono il treno per Valenzia, con un pessimo ricordo di Barcellona.

 

 

 

 

 

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